Monti Rognosi (3): missione speciale “Erbe e Fiori”

Un’escursione facile però interessante e piacevole l’abbiamo effettuata in maggio insieme alle guide della Locanda del Viandante, in loc. Cerreto. Siamo partiti dall’agriturismo con un cielo scuro che prometteva acqua a catinelle, ci siamo messi le giacche impermeabili sperando di non averne bisogno e abbiamo cominciato la lunga passeggiata alla scoperta delle ricchezze dei monti rognosi, delle piante e dei fiori che arricchiscono questa zona e dei sentieri che sono abbastanza misteriosi da trovare sulle carte e sul terreno.

 

Di prima mattina, la vista a est, là sull’appennino tosco-romagnolo-marchigiano, intimorisce non poco e anche i meteoveggenti, stranamente tutti concordi, predicono acqua a iosa. Ma per il momento ci godiamo la calda accoglienza della rinomata locanda, il lussureggiante verde circostante e, mentre il gruppo di escursione si va formando, pure un breakfast plus di torte caserecce!

 

Scendiamo per i prati che sovrastano la valle del Sovara e subito siamo affascinati dalla varietà di piante che compongono il paesaggio e che le esperte guide ci illustrano, scopriamo così una quantità di erbe e piante medicinali o commestibili che per secoli hanno contribuito all’alimentazione delle popolazioni della zona. Alla fine dell’escursione potremo assaggiare molte di queste piantine variamente e sapientemente cucinate dagli chef della Taverna.

 

La passeggiata si articola per molta parte su percorsi non segnati, ma per una volta tanto la navigazione non è un nostro cruccio e seguiamo (quasi-)passivamente la guida ambientale e altri personaggi in confidenza con i luoghi. Il tema dell’escursione è “Erbe e Fiori” e si propone di far conoscere le locali risorse in materia da usarsi a fini …culinari! Le “stazioni” di fermata sono quindi frequenti, durante le quali il vegetale di volta in volta oggetto d’attenzione viene riconosciuto, osservato e decantato in virtù e possibili usi gastronomici. Argomento che trova Gianfranco spesso in cattedra… o infrascato alla ricerca di campioni.

 

Due pietruzze rinvenute localmente. La prima, levigata, raccolta sul greto del Sovara, mentre l’altra è scheggia di tipica ofiolite. Le foto, prese sul campo ma con un minimo di riadattamento di ripresa, non rendono comunque onore ai toni cromatici e ai riflessi di luce.

 

Rossano, la nostra guida, ci illustra la natura delle rocce, la flora e la fauna che vive su questi colli particolari. Ci sono anche altri partecipanti veramente preparati e noi approfittiamo della loro conoscenza per capire un po’ meglio i sentieri e i percorsi che continuano a rimanere per noi fonte di continui errori e aggiustamenti di rotta. Scendiamo verso il Sovara nei pressi del Conventino e cominciamo a risalire il fiume sul lato sinistro, dove il terreno cambia completamente e le zone aride e sassose lasciano il posto a un letto di foglie, d’erba e di fiori. Continuiamo a scoprire piantine commestibili di ogni genere accompagnati dal piacevole mormorio del Sovara che scorre accanto al sentiero, nelle cui acque pulite e fresche vive ancora il gambero di fiume, specie protetta e quindi è vietata la pesca sul fiume.

 

Poco dopo aver attraversato la passerella sul Rio Cerfone (fratello minore del ben più noto altro, anch’esso comunque tributario del Sovara), si giunge all’antichissimo stabilimento metallurgico che trovavasi annesso alle miniere di Anghiari (come recita la citazione di un pannello nei dintorni) cui erano peraltro annessi anche gli alloggi per le maestranze. La fornace della ferriera diviene subito obiettivo della curiosità di Granfranco. L’area, liberata dalla vegetazione, mette alla luce l’ampia radura in riva al Sovara e i resti dell’insediamento produttivo.

 

 

Viene giù qualche goccia di pioggia ma per ora nessun problema, il sentiero è quasi tutto ombreggiato (casomai ci fosse il sole…) da alberi d’alto fusto come querce e castagni oltre alle acacie, pioppi e salici. Intorno alle piante di sambuco svolazzano una quantità di farfalle e libellule. Vediamo spesso uccelli volare tra i rami e ci dicono che qui vivono molte specie abbastanza rare in particolare in tutta la zona dei Monti Rognosi si possono incontrare lo zigolo, varie specie di passeriformi, il fanello e il succiacapre, uccello strano e con comportamenti pure più e che vive proprio sulle zone della “gariga”, deponendo le uova in mezzo ai sassi! Ci sono inoltre alcune specie di rapaci come il biancone sterminatore di serpenti e il lodolaio.

 

A continuazione della precedente puntata, ecco una seconda ramaiolata di locale flora campestre, che in primavera è veramente un godimento oculare. Nessuna attinenza gastronomica garantita, però!

 

Lungo il sentiero incontriamo i resti di un’antica fornace che si sta cercando di risistemare. Qui le pietre minerali venivano frantumate e fuse per ricavarne metalli, è un posto magico con il fiume che si allarga in un’ansa di acqua limpida tra il verde.

 

Risalendo lo stradello che porta a Ponte alla Piera, adiacente al CAI 10A, si passa per La Fabbrica (della Natura), un vecchio e massiccio casolare in via di lungo e doloroso recupero (causa continui tagli di fondi) e che dovrebbe diventare un centro visite dell’area. Da qui, in breve, si raggiunge il noto ponte medievale, probabile rifacimento di un più antico ponte murato probabilmente interessato da propaggini della romana via Ariminensis (più tardi nota come via dei pastori, come riporta il Don Bacci), la stessa che transitando per Sigliano attraversava il Tevere su quel vero ponte romano a cinque arcate, oggi ridotto a povere reliquie all’interno dell’invaso di Montedoglio (foto intromessa), che se tutto andasse come desiderato dovrebbero invero essere sommerse…

Infine sulla via del ritorno, con Rossano, guida ambientale, ed Elisa, di Toscana d’Appennino, la cooperativa che gestisce per conto degli enti locali questo prezioso tipo di risorse.

 

Date le visioni e le previsioni, la scarponata è stata fatta con assetti waterproof e riserve di emergenza (poncho, giubbetto salvagente …) ma per fortuna senza la loro necessità d’uso. All’ora di rientro, comunque, la plumbea vista verso l’appennino ne presentava le parti alte già sotto acquazzone. Acquazzone che sarebbe poi arrivato in loco poco dopo l’inizio del nostro insolito ma gustoso gozzoviglio. In questi casi, non si può non esclamare “Che c***!”.

 

L’accoglienza della Locanda del Viandante così come disponibilità e simpatia dei relativi osti e locandiere è ben nota. Certo, il resort viene meglio goduto quando ci si può beare del pergolato (con vista sui Rognosi) e degli spazi circostanti, ma ogni occasione ha il suo fascino. Il pranzo a tema, centrato sull’uso culinario di quelle erbe e fiori poco prima visti e toccati nell’ambiente nativo è impagabile. E non solo dal punto di vista culturale!

 

Ricominciamo a salire verso Ponte alla Piera, ritrovando una più arida landa di arbusteti. Attraversiamo il ponte romanico e seguendo un tratto di strada provinciale riprendiamo il sentiero attraverso prati e campi fioriti.

Arriviamo alla locanda che cominciano i primi goccioloni e mentre si scatena il nubifragio ci godiamo le erbette e decine di assaggi prelibati. Una camminata piacevolissima e un pranzo pieno di sapori particolari da consigliare a chiunque.

 

La scarponata descritta ammonta a poco più di 7 km. Si ripete che per quanto riguarda cartografie escursionistiche aggiornate dell’area, che è pur sempre un’attrazione protetta e, in qualche modo, tutelata e promossa, siamo praticamente al palo. Come già detto nelle precedenti puntate, anche la recente ma singhiozzante segnaletica non aiuta più di tanto. Vero è che, come nel contesto, le frequenti iniziative organizzate unitamente all’estensione relativamente circoscritta alleviano di molto la carenza.

 

Dato che questa triade di articoli sui Monti Rognosi (il precedente è qui) rischia ormai essere il più cospicuo trattato in tema di scarponate sull’area, liberamente disponibile sul web (siti ufficiali a parte), col presente singulto chiudiamo l’argomento.

Saluti a tutti da Carlo Palazzini & Gianfranco Landini

 

Riferimenti:

  1. Guida alle Aree Protette della Provincia di Arezzo, ed. Le Balze (2004): buoni testi generali, scarso supporto escursionistico (cartine assurde, illeggibili, fuorvianti e, nel caso specifico, non aggiornate).
  2. Guida Matteagi, A piedi, cavallo e mbk, ed. Le Balze (2001): libro obbligatorio (spazia su tutta la provincia) ma ormai di impostazione un po’ datata e comunque scarsamente utile nel caso specifico.
  3. carta Tra Tevere e Arno (CAI AR, Enti Locali, SELCA, 1:25K): solo per quanto è a ovest del Pian della Croce; carta matteagica, graficamente e geodeticamente antica e non aggiornata.
  4. carta Val Tiberina e Marca Toscana (CAI AR, Enti Locali, SELCA, 1:50K): buona carta matteagica della vasta area, ben leggibile e ideale per pianificazioni ad ampio respiro grazie alla media scala e all’impianto grafico anni ‘90, must have, peccato che per la specifica zona in contesto sia pressoché inutile (e ignori ogni datum …).
  5. Regione Toscana, carta geomorfologica, sez. 289010: derivata dalle CTR 1:10K, è un utile strumento su cui controllare, oltre al tema, anche i dettagli topografici ma purtroppo non le piste di interesse.
  6. Gonnelli, Nocentini, Gusmeroli: Le ofioliti della Valtiberina Toscana (articolo reperito in rete).
  7. Viciani, Gabellini, Gonnelli, De Dominicis: La vegetazione della Riserva Naturale dei Monti Rognosi (articolo reperito in rete).
  8. siti web ufficiali APPA, Anghiari Turismo e Toscana d’Appennino.