28 Feb La Rocca e il giovane Ciuffenna
Di insediamenti collettivi di un certo spessore oltre quota-900 del Pratomagno ce ne sono pochissimi e nel fianco del valdarno superiore aretino se ne contano solo due: Anciolina e Rocca Ricciarda.
Rocca, il cui caseggiato è stato ricostruito dopo l’ultimo conflitto (dopodiché arriva anche una degna strada anziché mere mulattiere), è un lindo, denso e romantico borgo oltre che punto-base ideale per scarponate di versante e sommità. Ci abbiamo fatto qualche scorribanda in visibilmente differenti stagioni…
L’obliquo lastrone di macigno segna l’arrivo al borgo, che è proprio là sotto ma ancora invisibile, e qui è anche il caldamente consigliato parcheggio. Proseguire oltre con motori, per i forestieri, è vilipendio storico-ambientale. E visto che ci siamo, è obbligatoria la scalata del lastrone (chissà com’è col ghiaccino!) che porta al cocuzzolo panoramico sul borgo e sul sovrastante roccione su cui si erigeva la rocca-torre medievale. Da cui il toponimo.
Ripresa la strada, si scende al borgo, dotato di punto di ristoro e alimentari (operanti in giorni e periodi appropriati) e anche di provvidenziale e ben targato “angolo delle cazzate”. Come capita spesso in simili circostanze, il minuto e lindo borgo non può essere adeguatamente descritto o raccontato, va bensì respirato e assaporato con calma e con tutti i sensi, lasciando magari liberamente immaginare come poteva essere la vita quassù un paio di secoli prima.
Immancabile, in itinere, la salita sullo sperone che accoglieva il maniero, l’appellata “rocca”, ben valorizzata da strutture e recinzioni metalliche (da non oltrepassare…) che ne permettono un integrale apprezzamento.
ROCCA GUICCIARDA, detta comunemente ROCCA RICCIARDA; già ROCCHETTA nel Val d’Arno superiore. – Castellare con chiesa parrocchiale (S. Niccolò) nel piviere, Comunità e circa 4 miglia a settentrione maestro di Loro, Giurisdizione di Terranuova , Diocesi e Compartimento di Arezzo. Risiede presso la cresta del monte di Prato Magno alle sorgenti del torrente Ciofenna in mezzo ai boschi di faggi e a naturali praterie.
Cotesta Rocca, che fu per lungo tempo uno de’ feudi dei baroni da Ricasoli, prese nome di Guicciarda da quel Guizzardo di Loro, i di cui figli verso il 1200 lasciarono per eredità ai conti Guidi fra diverse ville e castelletti di cotesta contrada anche la Rocchetta che poi si disse Guicciarda; lo che sembra apparire dal privilegio concesso lì 29 novembre 1220 dall’Imperatore Federigo II ai figli del Conte Guido Guerra.
[…] La parrocchia di Rocca Guicciarda, o dir si voglia di Rocca Ricciarda nel 1833 contava 245 abitanti. (dal solito dizionario del Repetti, quando c’era il granduca…)
Dalla parte del borgo opposta al nostro accesso, è stato ricavato un praticello belvedere con panchine e cappellina, probabile luogo di raccoglimento e ritrovo della comunità. Da qui, un selciato scende lungo il costone roccioso verso il sottostante borro.
Il ripido sentierino selciato d’altri tempi conduce al borro laggiù incassato e che altri non è che un ancora imberbe torrente Ciuffenna. Traversato il torrente su ponticello di legno, siamo al bivio: sud-sinistra per scendere lungo il Ciuffenna verso Modine, a nord-destra per risalire verso l’Africo… che è una incantevole area attrezzata, con invidiabile dislocazione di tavoli e strutture su vari terrazzamenti, ordinata e – come si vede – molto ben attrezzata!
Da qui si riprende la via asfaltata tra il Borro del Diavolo a valle e il nostro lastrone a monte. Il breve ma piacevole percorso riportato costituisce il primo anello della Via del Castagno e la cosa è spesso ricordata da vari pannelli informativi.
Prendiamo ora a risalire lungo il Borro del Diavolo, primo tributario degno di nota del Ciuffenna in cui confluisce proprio nell’area Africo. Il nostro intenzionale percorso è storico per quanto ufficialmente un po’ ignorato. Vogliamo infatti inventarci un anellino fuori ordinanza, abbiamo il tracking OSM per non perderci e ci lanciamo a cuore impavido nella risalita del fosso…
Traversato il Borro del Diavolo su passerella lignea, si continua a salire entro un castagneto, purtroppo visibilmente abbandonato. Il percorso e i suoi dintorni lasciano trasparire opere e manufatti d’altri tempi, quando di castagne si campava. Alcuni bitorzoluti esemplari secolari sono veramente stupefacenti.
Superata quota 1200, si intravede una costruzione, o almeno i suoi poveri resti. Un seccatoio? Un ricovero di presella? Non lo sappiamo, le carte moderne non la riportano e solo da una vecchia carta d’anteguerra troviamo almeno il toponimo, Capanna del Diavolo. Già, non poteva essere altrimenti… Fa comunque sempre effetto vedere resti di tali essenziali ma funzionali tecniche edilizie. E chissà per quante stagioni il manufatto è stato testimone di duro e incessante lavoro per la sopravvivenza.
Una cengina nostrana nella mezzacosta del M. Pratuccino… certo, non è emozionante come quelle alpine ma anche qui, mentre ci si bea del panorama sulla vallata e sulle creste dell’Uomo Morto, Donna Morta e Massa Ladronaia (nomi che la dicono lunga sulla salubrità d’altri tempi di certi itinerari transalpe), meglio guardare dove si mettono i piedi…
Là sotto, appena intravisibile, il Ciuffenna rumoreggia dopo un bel saltino. Quando torniamo a puntare verso N, entriamo finalmente nella sua valletta che la spoglia faggeta fa ben apprezzare in veduta e sonoro.
Sul fotogramma di sinistra, il Ciuffenna subito prima di gettarsi sulla scrosciante cascatella prima percepita dalla cengina. Con molte tappe di osservazione, tra spagli di Elia il lagotto e curiosaggini varie, si risale mantenendo l’argine sinistro, notando dall’altro lato gli affluenti dalla zona Vetrice.
Ad un certo punto, il percorso canonico traversa sulla sponda opposta e la cosa è ricordata anche da un segnale rosso su pedone. Guadato il fosso, troviamo poi la via sbarrata da stramazzo multiplo di abete e faggi. L’ostacolo non è agevolmente aggirabile e decidiamo di superarlo rimembrando baldanzosamente l’ormai lontana età delle manovre da addestramento bellico… compreso qualche risultante …sbuccio o vidaresco.
Dopo poco le tabelle ci ricordano la nostra immissione sulla “via della Dondola”, un lungo itinerario storico-naturalistico-didattico (v. Riferimenti) che qui è uno sconquassato stradello forestale che in breve riattraversa il nostro torrente.
Proseguendo sullo stradello, poi divenuto più agevole, si arriverebbe al Varco ai Gioghi (o di Castelfranco), ovvero il tunnel, non lontano dalle primeve e ben visibili acque del Ciuffenna, sul fianco del Pianellaccio.
Ma noi seguiamo la Dondola, deviando su sentierino che, aggirato un roccione-torrione, va a costeggiare il fianco montano, zigzagando parallelamente alla soprastante Panoramica nel senso di discesa.
Il sentiero, forse un tempo qualcosa di più, ci porta a ritrovare il nostro Borro del Diavolo, più fresco di nascita e in bella gradinata, da dove arriva dritto da là sotto la Croce. Seguirà il Fosso dell’Agrifoglio, con lussuoso alveo ignorato, che viene da Fontebona e ritroveremo poi dabbasso.
Nel frattempo, il fondo è divenuto agevole strada bianca, ben livellata e ghiaiata, che alla Fonte del Pero lasciamo svoltando sul ramo di CAI 21 che scende a Rocca.
Il CAI 21, ben noto nel tratto Rocca – Croce del Pratomagno, è in questo tratto apicale veramente tosto! Quasi 700m di dislivello (andamento monotòno) in 3 km… anche in discesa non è un biscottino, per gli attempati le cui ginocchia non son più quelle di un tempo… ne avevamo parlato anche qui, ricordate? Beh, stavolta è solo la “parte bassa”, che porta in antico castagneto, a un rifugio in lamiera, a belle vedute su Rocca, a un rubinetto-abbeveratoio di un pozzo hi-tech per poi confluire tra il cimitero e i restaurati ponticello e mulino Venturi, entrambi sulle acque del citato Agrifoglio. All’ingresso a Rocca, un lussuoso segnale-totem di tempi più prolifici ci pone sempre sul CAI 21, che in realtà se n’è già andato dall’altra parte verso S. Clemente…
Extra-supplemento: il Ciuffenna a Loro, dove – oltre a muovere il ben noto mulino – rimbomba quando è bello grasso. Si butterà in Arno a Montevarchi.
Riferimenti:
- varia documentazione su geografia, itinerari e storia locale sul sito UCP, anche se non sempre aggiornata o praticamente fruibile ma comunque un necessario punto di partenza;
- sito CAI sez. Valdarno Superiore.