18 Mar Quel Sasso regale che guarda la città
Doveri e impegni familiari non tengono troppo conto di certe occasioni, più o meno prevedibili e talvolta troppo seducenti da poter essere allegramente ignorate. E allora si cerca un sofferto compromesso, un piano d’azione basato su delicati giochi d’incastro ma sempre con qualche incontrollabile alea, e ci si butta…
Come già un mese prima, l’occasione era ghiotta ma i vincoli stretti. Una preannunciata giornata serena su quella che poteva benissimo essere l’ultima neve stagionale in Catenaia, che per noi avrebbe rappresentato una sorta di rivincita su un precedente tentativo abortito run-time per un contrattempo insuperabile. E poi, a casa per pranzo? Fattibile, a certe condizioni. Risultato: più neve residua di quanto immaginato, con conseguente allungamento di scarponata e correlato accorciamento di mete, rinunciando al Monte Castello. Ma ne è ampiamente valsa la pena!
Per chi è appassionato di ben altri bianchi spessori, allora ‘gna ire sul Falco con Simone.
All’insù – Lasciata (purtroppo) l’auto lungo la stradina che dal bivio di Agnano sale le pendici ovest, circa alla Casetta (quota 960, più o meno dove si stacca il CAI 50), inizia la scarponata ascensionale. Lenta, perché sulla neve immacolata si sprofonda mentre le “rotaie” veicolari sono pavimentate da perfido ghiaccio.
E’ prima mattina, nessuno in giro, un silenzio inebriante. Dopo Case Taverni, il bivio per la Fonte del Baregno, su cui prosegue il CAI 03, rappresenta il milestone che prelude al piccolo paradiso attrezzato lì sopra.
Contorno – Lo sguardo si perde nel bell’arco di visione d’appennino verso nord, dove magari ci vuole un po’ a riconoscervi le varie cime note, mentre è immediato il riconoscimento dei due rinomati fratelli a bussolotto: un sicuro landmark da cui partire per un riconoscimento sequenziale. Verso ovest, il panorama trova quasi esclusivamente il versante casentinese del Pratomagno, con primo piano – dritto a ovest – sulla Badivecchia, e dal quale riescono comunque a spuntare il Cimone e il Corno alle Scale.
Fonte del Baregno (1) – La splendida conca, ben innevata, ci accoglie in un innaturale e desertico silenzio che qui è rarissimo, data la normale frequentazione (che in altri periodi vede anche coda e ressa per la conquista delle locali risorse…) e la pittoresca visione di gusto alpino è assai appagante. Ma ora non c’è tempo: la successiva meta, per quanto dimezzata, ha la precedenza.
Ancora più su – Proseguendo sempre sullo 03, le piste battute quasi scompaiono, la neve si alza e il passo rallenta, ma il chilometro-poco-più viene alfin coperto uscendo su un bagno solare dove i bianchi e i blu manca poco perforino l’occhio. E qui fa caldo! Quasi mancano lettini e ombrelloni …
Sul Sasso – Il Sasso della Regina, nostro capolinea, è un vistoso e dirupato affioramento di macigno (una natura geologica analoga al Pratomagno) che spiove verso il capoluogo e da lì ben visibile, dato che la circoscritta superficie rocciosa ben stacca dal restante fondo vegetativo. Oltre che stupendo terrazzo panoramico è anche rinomato trampolino naturale per parapendio. Laggiù sotto la Casina della Burraia, noto punto di ristoro agrituristico.
Spettacolo in panciolle – Dalle panchine si ha una rilassata visione verso sudovest da una e verso nordest dall’altra. Nell’abbraccio collinare che va poi a spiovere su Sargiano, la città sonnacchiosa è appena visibile tra la foschia e sullo sfondo la solita triade Amiata-Labbro, Radicofani e Cetona. Dall’altra parte, seminascosto dietro il Foresto, spunta il Calcio del Diavolo e la corona orografica che circoscrive l’adiacente Valle Santa.
Certo, siamo 200m sotto quanto inizialmente sperato, ma non c’è da lamentarsi. Immaginavamo inoltre di trovare il sentiero di crinale molto più battuto, data la neve tutt’altro che fresca, invece è quasi immacolata, spessa e soffice. Quindi senza ciaspole sarebbe stato comunque impensabile risalire al Castello.
Colori stagionali – Inquadrature simili, visioni stagionali differenti. Nelle zone erbose e rivolte a mezzogiorno, la neve è visibilmente regredita ma basta tornare sulle aree esposte a nord o al paggìo per ritrovare spessori dignitosi Da alcuni punti, se graziati da aria limpida, la panoramica sull’Appennino Centrale aldilà del Tevere è stupefacente.
All’ingiù – Sulla via del ritorno, l’area del Baregno, ora più assolata ma sempre spopolata, appare anche più incantevole, un delizioso quadretto che ricorda una cartolina natalizia.
Fonte del Baregno (2) – Abbiamo ora tempo da dedicare al godimento di questa fiabesca occasione, assaporare la fresca (e oltre …) acqua della generosa fonte e rendersi conto di quanto sia notevole questo angolino attrezzato in cui i manufatti sono in mirabile simbiosi con la preziosa natura che li circonda. Il manto spesso e intatto (vedansi anche gli spessori residui su tavoli e panche nonché qualche imprevisto sprofondamento!) e la silente atmosfera non farebbero immaginare come nei restanti periodi perda molto del fascino, colpa anche di un invadente e deturpante parcheggio – proprio nel cuore dell’oasi! – che come al solito riesce a scatenare gli istinti peggiori dei frequentatori della domenica …
Bivacco – Sempre aperto, dotato di servizi, focolare e barbeque, specialmente nei mesi estivi subisce violenti assalti e non sempre è trattato rispettosamente …
Prodotti locali – Nelle giuste stagioni, Catenaia offre colori e frutti che, se non lo stomaco, saziano almeno occhio e pellicola (licenza poetica per sensore, che a nominarlo compromette l’atmosfera).
Crinale – L’Alpe, il cui nome sembra derivi il suo nome da un antico maniero, è densa di sentieri segnati e non, di fresche fonti, di bivacchi e posti di ristoro, grazie ai quali è molto più agevole e divertente godersi le sue notevoli risorse naturali. Quassù è difficile annoiarsi! L’area apicale è formata dall’Altuccia, stipata di radio-antenne e da dove si hanno splendide vedute verso la Valtiberina, e da il Castello, cima dell’Alpe, il tutto servito su una splendida tovaglia prativa nota come Prati della Regina, percorsa longitudinalmente dal CAI 50 (la superstrada Verna-Trasimeno) e coronata da faggi dalla incredibile chioma.
L’Eremo della Casella, tappa obbligata lungo il 50 verso la Verna posta a poca distanza dal M. Foresto, è stato invidiabilmente ristrutturato non molto tempo fa. Ha origine popolare tardo-medievale, fondata come romitorio a memoria dell’ultimo saluto di Francesco al suo crudo sasso.
Nota: queste ultime foto hanno evidente origine in altri tempi!
Rientro – Ormai a missione terminata, ci imbattiamo in imprevisto impegno di assistere un veicolo a tornare in carreggiata, a memoria che non basta un SUV 4WD per poter gironzolare spensierati su questi fondi. Con la buona azione ci sentiamo ancor più compiaciuti. Alle 13 a tavola!