08 Apr D’inverno sul grande prato
Sembra sempre di conoscerlo ormai a memoria eppure il Pratomagno riesce sempre a esercitare una speciale attrazione. Certo, la relativa facilità con cui ci si può arrivare dalla città sicuramente fa la sua parte ma di certo il calvo crinale, prativo o sinuosamente innevato, che permette panoramiche visioni circolari quasi senza soluzione di continuità, gioca un ruolo non trascurabile in tale attrazione. Che vale anche per certi giorni speciali…
31 Dicembre
Se non si è precettati per frenetiche corse a preparazioni di gozzoviglie e festini e se le condizioni meteo promettono bene (ehm… se Nardi promette…), anche l’ultimo dell’anno è un giorno buono come altri per una scarponatina lassù. La previsione era dignitosa ma stavolta, più che tale, il meteo si è poi rivelato strano, fascinosamente strano, con rese cromatiche quasi surreali che il sensore della fotocamera può solo faticosamente scimmiottare. La particolare evoluzione idrometeorica e le inconsuete nuances cromatiche conseguenti, le leggere pennellate di galaverna (tanto per ricordare le temperature in gioco), l’aria immobile, una totale solitudine e il silenzio quasi assoluto rendono un’atmosfera ammaliante.
Il palo dei servizi Wi-Fi, installato in occasione della grande festa della scorsa estate, apparentemente non è stato dimensionato tenendo conto dei venti che possono imperversare su questi crinali, specialmente se pure gravato da masse di batterie e vele di pannelli solari…
Una panoramica dell’alta valle casentinese, con il “tetto” (in maggior dettaglio su precedente fotogramma) posto circa a 1/4 dalla sinistra della visuale.
L’area della rinnovata Croce conta ora dei pannelli informativi, due dei quali riportano interessanti viste panoramiche sulle due opposte vallate, con luoghi e toponimi riportati con grafia da medico condotto e in giallo-su-azzurro, cosicché già è in difficoltà chi sa, figuriamoci i forestieri, chi ha disturbi specifici… e il pannello è ancora nuovo …
Questa è una tipica occasione in cui, a parziale rimedio di scelte non azzeccatissime o comunque come servizio sicuramente gradito e dal costo praticamente nullo, basterebbe mettere a disposizione sul sito specificamente creato le immagini ad alta risoluzione dei pannelli per opportuno download. Ma, al solito, sembra che passata la festa…
1° Gennaio
E se per capodanno i meteoveggenti dicono che è buono, perché non tornare su, che so, per una crinalata verso nord? Detto fatto! Si parte dal Varco di Castelfranco (innesto 00/CT), si scavalca (o si aggira, per gli ignavi…) l’omonimo poggio e poi sempre su tutto dritto o per variantine più o meno riconoscibili.
Si transita in breve per il varco della Vetrice, dove il CAI 20 verso il Valdarno ci porterebbe su poggi dall’invitante nome come Uomo Morto, Donna Morta e Massa Ladronaia, che lasciano intendere che tipo di ambientazione doveva esserci qualche secolo fa!
Sul Poggio del Lupo, che si semiaggira, troviamo il metanodotto libico che viene su dall’impianto di Pianfariolo e che d’ora in poi ci farà compagnia con i suoi sgargianti cinesini. La vistosa sella che segue un divertente tratto semipianeggiante è il Varco di Gastra, oltre il quale intimorisce un po’ la piena vista del salitone che ci porterà a destino.
Con un po’ di fiatone, eccoci al great cairn dell’Uomo di Sasso, il cui nome sembra abbia avuto origine da certi affioramenti di macigno che ricordavano una faccia emergente dal versante del poggio. L’omettone di sassi è una storica caratteristica e attrazione dell’area ed è visibile anche da certi mapserver aerofotografici. Qui facciamo tappa e dietrofront, non senza però aver contribuito, più che simbolicamente, al rinforzo del tumulo che va purtroppo incontro a periodici cedimenti. La cima del poggio, una decina di metri in più, è comunque più a nord di circa 250m.
Al ritorno, tutto crinale dritto fino al doveroso omaggio alla Croce, dove scopriamo che non pochi hanno voluto così battezzare il nuovo anno e con relativo fiorire di spontanei auguri reciproci. Col ritorno all’auto avremo un percorso complessivo di poco più di 10km con 550m di ascensioni totali.
Terrazzo bellavista – Dal crinale, luce e limpidezza permettendo, si può sempre approfittare di sceniche visuali d’orizzonte su ogni direzione. Capita però (spesso invero) che la bruma mattutina offuschi la vista di valle regalando in cambio eteree visioni che ricordano alcune grafiche orientali (no, quello è l’Amiata, non il Fujiyama…).
Le balze di Castelfranco di S., semisommerse dal frequente nebbione di questa valle, Rocca Ricciarda e Firenze, 30km giù dall’Uomo di Sasso. La stiracchiata plasticottica, nonostante la mano libera, il fiatone e l’aria non certo limpida, permette comunque di distinguere alcuni elementi caratteristici della città.
Altre infami stiracchiate: le Apuane col Pisanino (126km), area Abetone con Cornaccio, Corno alle Scale e Cimone. Questi ultimi due si mostrano in ingannevole prospettiva causa il loro allineamento tal che li fa apparire come un unico corpo. In realtà del Cimone (93km) spunta solo la vetta, il resto è Corno, come si può intravedere nell’ultimo fotogramma.
Nella conca del Solano
Nell’ambito di una iniziativa che stiamo perseguendo, col supporto di associazioni locali, una successiva scarponata ci porta dentro la conca dove trova origine il torrente Solano. Probabilmente torneremo su questo argomento, chiamiamolo “progetto H-Ring”, ma per adesso prendiamo il tutto come una interessante variazione aggiuntiva agli iperbattuti circuiti canonici.
Dal tunnel – alias varco di Castelfranco – seguendo a ovest la “panoramica”, si arriva in breve all’area attrezzata Fonte Cerbareccia. Qui si taglia decisamente verso est, entrando in fitta e giovane faggeta, seguendo un ampio sentiero fino a riuscire da Giocondo o alle Porte dopo aver gustosamente guadato i primigeni affluenti del torrente, a volte incassati in limacciosi borri ed impluvi, che si attraversano piacevolmente sia da scroscianti che da congelati. Quest’area è conosciuta come Prato alle Vacche, toponimo che denota come un tempo sia stata più consona al pascolo che boschiva.
Dopo diverso tempo assai sottozero, un frugale rifocillamento al tepore non è da disdegnare. Dopodiché, su per il CAI 42H che risale le Portacce portandoci all’incrocio con lo 00/CT, che seguiamo poi fino alla Croce. Si noti lo spolverare di neve sul crinale, battuto da uno sferzante grecale.
La successiva discesa lungo il CAI 21, giusto per chiudere un anello di meno di 10km e 700m di ascensioni, non è da prendere allegramente già con l’asciutto, figuriamoci se migliora la sua infida indole con fango e neve! Nonostante le suole chiodate, un paio di culate si son sentite… Dopo aver perso 240m di quota in soli 750m di percorso, si esce quindi sulla panoramica lato Valdarno in prossimità della Fonte Bona (da questi borri prende origine il torrente Ciuffenna), accanto al roccione che porta una targa commemorativa di un giovane agente forestale perito in un sinistro stradale.
La Croce restaurata
Lo scorso anno, fummo probabilmente i primi a mostrare immagini dell’incipiente cantiere che finalmente dava il via attesi lavori di recupero e restauro. Facciamo qui una rapida carrellata di viste dello sfolgorante simbolo-landmark dopo i lavori, dove notiamo anche che i souvenir dell’ultimo conflitto sono stati lasciati giustamente a memento. Peccato per il vetro posto a protezione del bassorilievo di S. Francesco, i cui riflessi impediscono di fatto ogni veduta della residua opera.
Ice Art
Questa invernata non è certo stata da temperature record a valle. Probabilmente la cosa vale anche per queste quote ma, tenute conto le debite proporzioni, non è che qui si poteva stare col solo golfino… Non solo giochi di gelicidio ma intere cascate sospese nel tempo, scenari che fanno sempre un certo effetto.
Quello che non vorremmo vedere…
All’epoca di gioventù degli autori, tempi di picnic spesso alla Sordi, con tavoli pieghevoli, stoviglie in coccio e acciaio, lasagne, carni e verdure stufate, zuppa inglese e macedonia, tutto rigorosamente di manifattura casalinga, il ristorante Lo Scoiattolo era considerato un miraggio, roba per ricchi.
Non bastava la sua triste, trascurata e insalubre rovina, spregio di civiltà e oltraggio alla memoria di tempi più modesti ma sicuramente più sereni. No, doveva pure diventare una pattumiera…
A breve (speriamo) la prossima puntata.
Saluti a tutti da Carlo e Gianfranco (guest star: Franco)