29 Set La temperatura globale (a cura di Stefano Starace)
Pubblichiamo con grande entusiasmo questo articolo altamente didattico del Dott. Stefano Starace (Stefano 75 nei forums), grande appassionato e intenditore di meteorologia, presente nei maggiori forums a carattere nazionale, sempre nell’ottica della collaborazione fra CMT (www.centrometeotoscana.it) e ArezzoMeteo.
Buona lettura.
La temperatura. La variabile forse più importante per il meteorologo. Alla temperatura sono legati tutti i fenomeni che avvengono nell’atmosfera, sia al suolo che in quota, e non esiste meteofilo che non abbia un termometro piazzato da qualche parte o una stazione meteorologica più o meno affidabile con la quale tentare la strada della statistica attraverso la costruzione di un archivio.
La temperatura è anche un parametro di massima importanza per il climatologo. Lo studio dei climi del passato è condotto attraverso la ricostruzioni di temperatura tramite l’esame dei dati “proxi”, ovvero fenomeni naturali, come gli anelli di accrescimento degli alberi oppure la presenza di isotopi pesanti dell’ossigeno nei gusci delle conchiglie fossili (ma ce ne sono altri…). Senza contare che la classificazione climatologica odierna più diffusa, ovvero quella del De Koeppen, si basa primariamente sulle temperature ed in seconda battuta sulla piovosità.
Insomma, è veramente difficile parlare di meteorologia e climatologia senza parlare di temperatura, ecco perché ho voluto scrivere questa riflessione alla quale spero seguiranno altri contributi.
La temperatura locale
La temperatura è una grandezza “intensiva”. Questo significa che non dipende dalla massa e dalle dimensioni dell’oggetto: un bicchiere d’acqua ghiacciata ha la stessa temperatura della banchisa artica durante la fusione. Questo fatto, apparentemente di poca rilevanza, è invece determinante giacché il “calore”, ovvero l’energia termica, dipende invece dalle dimensioni e dalla massa. Ha molto più calore una cisterna di acqua a 90° di quanto non ne possegga un bicchiere alla stessa temperatura. Si capisce dunque che i processi termodinamici che sono alla base dei fenomeni naturali, pur avendo come effetto anche delle variazioni di temperatura, sono in realtà condizionati dai flussi di energia, ovvero anche di calore. Un esempio su tutti: una massa d’aria vicina alla saturazione, costretta a salire di quota, inizierà a condensare formando una nube, ma la sua temperatura resterà costante durante il passaggio di stato. Questo, se il gradiente verticale è sufficientemente ripido, comporterà un incremento dell’instabilità poiché la temperatura potenziale della massa d’aria in esame sarà sempre superiore a quella dell’aria circostante. Il calore associato al passaggio di stato è detto “calore latente” proprio perché nascosto dal fatto che la temperatura non varia!
Dopo questa breve introduzione veniamo al dunque: la temperatura locale è quella di un punto specifico dell’atmosfera, quello dove è ubicata la sonda o il bulbo del nostro termometro. Il dato che leggiamo ogni volta sulla stazione o sulla colonnina di mercurio è la temperatura istantanea. Questo dato è facilmente misurabile ma al tempo stesso è piuttosto inutile preso da solo. Sappiamo bene che nell’arco di un giorno ci sono 2 temperature di interesse per il meteorologo: la temperatura minima e la temperatura massima. Se disponiamo di un termometro a mercurio a “minima e massima” ci sono pochi problemi: le asticelle indicheranno i due valori in maniera inequivocabile. Se invece abbiamo una stazione meteorologica che riceve dati da un sensore remoto, con “data logger” che viene scaricato ogni tanto, le cose si complicano, infatti solo se il tempo di campionamento è sufficientemente breve (pochi secondi) posso star sicuro di intercettare i due estremi. Ovviamente prodotti avanzati in questo campo consentono di ricavare le temperature massima e minima senza errori, ma parliamo di prodotti non sempre alla portata dei “meteofili”.
Un’altra considerazione da fare è l’attendibilità della misura. Il termometro a mercurio è affidabile, ma è analogico e non si presta alle esigenze di raccolta dati, né è facilmente collocabile in maniera corretta. Le stazioni amatoriali, schermate, sono sicuramente più affidabili, ma la gran parte ha una precisione non superiore a 0.1°C. Questo significa che una misura di 27.2 potrebbe essere in realtà 27.1 oppure 27.3. Ovviamente questo incide poco su considerazioni quotidiane, mentre incide moltissimo su eventuali raccolte dati con velleità statistiche. Insomma, riassumendo, la temperatura istantanea, comprese le massime e le minime, non è mai una misura attendibile al 100% sia per limite delle strumentazioni che per oggettive difficoltà di collocazione ottimale.
Finora abbiamo parlato dunque di temperature istantanee, ovvero (anche se con difficoltà) esattamente misurabili. Ma cosa possiamo dire a proposito della fantomatica “temperatura media” ? Intanto cerchiamo di capire come viene calcolata dalla gran parte dei meteofili. Il metodo più semplice è quello di effettuare delle misure, sommarle e dividere per il numero delle misure effettuate. Questo metodo trova la sua applicazione più comune (tra i meteofili) con i due valori di minima e massima. Dunque (esempio) se la minima è 10° e la massima 20° la temperatura media del giorno in esame sarà 15°. Bene…fatto questo abbiamo solo perso tempo e calcolato un valore poco utile.
Per capire la scarsa utilità del calcolo suddetto basta aumentare il numero delle misure: invece che la minima e la massima prendiamo anche le temperature delle ore 10.00 e delle ore 18.00. Dunque (esempio) avremo queste 4 misure: 10-16-20-18 (°C). La media questa volta mi fornisce un risultato diverso ovvero 16°. Dunque basta aggiungere 2 misure rendendo più preciso il dato per avere uno scostamento mastodontico (addirittura di 1°!!!). In pratica, più aggiungiamo misure alla media, maggiore sarà la precisione. Se volessimo ottenere il valore medio VERO dovremmo avere una MISURA CONTINUA ed applicare la formula integrale della media, che riporto qui sotto:
Questo discorso fatto per un giorno è assai più significativo per le medie mensili o annuali. Fare la media mensile tra le 30 medie giornaliere non ha alcun senso. L’unico dato reale è la media della misura continua su tutti gli istanti che compongono il mese, altrimenti tiriamo fuori numeri inutili rappresentativi di nessuna realtà.
Tutte queste riflessioni finora si riferiscono alla temperatura LOCALE, ovvero riferita al punto dove è collocata la sonda o il bulbo e che già a poche decine di metri la misura potrebbe essere, anche se di qualche decimo di grado, diversa. I decimi di grado, come già detto, contano poco se si fanno considerazioni quotidiane, mentre diventano determinanti quando si cerca di fare estrapolazioni di tipo climatico. Insomma, ci stiamo rendendo conto che universo ci sia dietro una semplice misura locale, specie quando proviamo ad usarla per fare considerazioni generali, statistiche o (ancor più complicato) climatiche!
La temperatura globale
Questo concetto è ancora più complesso e volatile di quello della temperatura locale. Sinceramente resto sempre basito di fronte alla disinvoltura ed alla faciloneria con cui si parla oggi, su giornali e TV, ma anche negli autorevoli consessi scientifici, di temperatura globale e, di conseguenza, di sue variazioni.
Intanto, diciamolo subito, esiste l’energia totale, ovvero il calore, che possiede l’intera atmosfera, mentre NON ESISTE alcuna temperatura globale, essendo la temperatura una grandezza intensiva e locale. Quella che viene chiamata temperatura dunque globale che cos’è? E’ forse la temperatura media di tutti i punti dello spazio atmosferico? In caso affermativo (e nascono molti dubbi pensando agli oceani ed al calore latente di cui ho già parlato…) esiste forse un metodo per calcolare la temperatura in ogni punto dell’atmosfera? Le stazioni terrestri sono poche, mal distribuite e tutte diverse l’una dall’altra. Inoltre, in ogni punto di misura, esistono persone diverse che gestiscono la stazione e le stesse stazioni cambiano nel corso degli anni, sia in ubicazione che in tecnologia! Il metodo elaborato dal GISS della NASA, che interpola le misure terrestri e quelle delle boe marine per ottenere una temperatura globale, spesso presa come “prova” del global warming, non è esente da critiche proprio per la notevole approssimazione indotta dalla scarsità di misure in molti luoghi. Qualcosa di più attendibile, in quanto vicino ad una “misura continua”, viene dalle misure satellitari coi metodi RSS e UAH che si basano sulla correlazione della temperatura con la radianza dell’ossigeno. Peccato che questa misura ha una precisione di qualche decimo di grado e che i due metodi diano sempre risultati che si discostano tra loro in misura variabile, anche a seconda della latitudine, ma comunque sempre dell’ordine di qualche decimo di grado. Poco direte voi…e invece è tantissimo perché il global warming “stimato” dall’IPCC è di circa 0.6° negli ultimi 50 anni. Dunque si stima un aumento “globale” di 0.6° attraverso misure che hanno una precisione dello stesso ordine di grandezza…in pratica è come misurarsi la febbre con un termometro da esterni 😉
Vi lascio con un grafico nel quale sono riportati i punti di misura termometrica (stazioni tutte diverse e tutte gestite da persone diverse) utilizzati da GISS insieme alla ricostruzione dell’anomalia termica di GISS per il trimestre invernale del 2010. E’ interessante vedere come GISS stimi i maggiori aumenti termici nei luoghi sostanzialmente privi di misure reali.
Stefano Starace (Stefano75)